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Autark

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Autark è una scultura che fa parte di una serie omonima di opere presentata per la prima volta in occasione della doppia personale dell’artista assieme a Robert Pan, avvenuta nell’estate 2016. Nasce dunque in conseguenza di un progetto curatoriale, e rappresenta  una nuova tappa della sua ricerca espressiva.

La prima opera presa in esame per schedare questa serie è stata realizzata nel 2016, misura 155×81×81 cm e pesa 300 kg circa. Da un blocco di terra refrattaria emergono – sia da lato alto che dal lato basso – alcuni elementi in bronzo che ricordano le canne di un organo. Su uno dei lati corti del blocco di terra è inciso il titolo Autark.

Autark indica una condizione di autosufficienza ma la realtà è che l’autore dell’opera non è solamente l’artista – con le sue idee progettuali ed i contenuti etici ed estetici da imprimere nella forma – perchè anche la materia stessa indirizza la sua azione.

Estratti dall’intervista ad Aron Demetz:

“In questa serie di opere non è possibile apprezzare la tecnica perché non è resa visibile, l’opera non è completamente svelata. L’opera è infatti contenuta all’interno di quell’involucro di refrattario che la ricopre quasi interamente. […] La cosa che mi è sempre un po’ dispiaciuta era che tutti quei passaggi intermedi che portano alla scultura in bronzo finita non vengono mai resi visibili pur avendo anch’essi un grande fascino. Così, quando ho iniziato a progettare Autark, ho iniziato a contemplare l’idea di omaggiare la materia rendendo visibili anche anche le fasi intermedie.”

“Nella lavorazione non è tutto così sincronizzato e meditato nei minimi particolari… i tempi di incubazione di un progetto sono qualcosa che ti appartiene da sempre, e che giorno dopo giorno matura e si concretizza fino a che tutte le condizioni ideali per la realizzazione, la produzione, l’allestimento non convergono tutte assieme, allora diventa il momento giusto per poter focalizzare l’attenzione proprio su quel progetto, anziché un altro.”

“In questo caso vorrei che le oepre si conservassero allo stesso modo, che mantenessero lo stesso aspetto nel tempo. La terra refrattaria è molto fragile, per questo vanno maneggiate con cura. In generale comunque penso che il tempo sia parte integrante dell’opera, è giusto che venga salvaguardato. In questo caso orrei trovare qualcosa che mi permetta di non patinare il bronzo e lasciando il suo colore originario, mantenendo la sua lucentezza.”

“E’ giusto che chi osserva un’opera d’arte sia messo nella condizione di fruirne nel modo che ritiene più opportuno, ovviamente confidando sempre nel buon senso e nel rispetto dell’opera. Nella fase di predisposizione delle sculture l’approccio è sicuramente uno degli aspetti primari, e viene amplificato da una disposizione non eccessivamente schematica che rafforza il rapporto opera- spazio-fruitore, spicca soprattutto la possibilità di avere un vis à vis diretto e silenzioso con le opere.”

La consulenza tecnica è ad opera di Fabiola Manfredi

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