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Imagine you are driving (Sculpture 2)

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L’opera Imagine you are driving è costituita da 30 pezzi componibili formanti una pista da corsa liberamente ispirata quelle dei giochi per bambini rappresentanti le piste per le macchinine.

L’opera fa parte di un ciclo composto da quattro elementi che condividono le scelte formali, tecniche e in termini di materiali impiegati.

Il manufatto è composto da moduli in calcestruzzo con un’anima in malta cementizia dalla granulometria grossolana, ma il cui un rivestimento superficiale risulta invece liscio e levigato, di colore grigio.

L’opera è stata prodotta in fabbrica secondo procedimento industriale, ovvero mediante una gettata di calcestruzzo all’interno di forme in legno rivestite con un materiale distaccante.

Estratti dall’intervista tecnica a Julian Opie:

“Si tratta di un’opera unica. Fa parte di un sistema per cui potrei realizzare un gran numero di lavori simili, ma non uguali. In realtà sono state fatte quattro opere di questo tipo, tutte hanno le stesse qualità di materiale. In questo caso il lavoro è stato disegnato e progettato da me seguendo le forme di un giocattolo basato su piste da corsa reali e poi ha fatto realizzare i moduli in una fabbrica.”

“La scelta di materiali come il calcestruzzo è legata alla produzione di quest’opera, vuole essere un riferimento che suggerisce al pubblico qualcosa in più sul lavoro. Il calcestruzzo si riferisce alle strade e alla costruzione, unito a un riferimento alla minimal art, all’architettura, ai giochi infantili in cui si costruiscono cose come castelli di sabbia”.

Imagine you are driving si può scheggiare, macchiare, creparsi e sporcarsi. Bisogna evitare questo tipo di danni avendone grande cura durante le fasi di trasporto, installazione e stoccaggio. Quando si movimentano più elementi insieme, è facile farli scivolare e che si rompano. L’imballaggio esige una cura e una strategia corrette, e bisogna utilizzare materiali per lo stoccaggio che siano idonei, non abrasivi e asciutti.”

“Sono felice di aiutare in caso di bisogno, preferisco essere coinvolto. In alcuni casi un restauratore è l’unica opzione possibile e noi artisti siamo dilettanti. Tuttavia molti dei miei lavori possono essere riprodotti facilmente. In generale, il lavoro dev’essere unico, ma laddove le sue sembianze dovessero cambiare vorrei ripristinarle e anche rifare quello che non funziona più.”

L’intervista è stata eseguita all’interno del progetto Interview with art, a cura di Benedetta Bodo di Albaretto in collaborazione con il Centro di Conservazione e Restauro della Venaria Reale e la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino.

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