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WAITING FOR THE LAST BUS

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Waiting for the last bus è un progetto installativo presentato nell’estate 2016 in occasione della seconda edizione di Arte alle Corti organizzata a Torino.

Si tratta di un’installazione che interpreta il rapporto tra lo spazio espositivo – il centralissimo cortile di Palazzo Carignano – e il contesto urbano che lo circonda – un’anonima periferia, intesa come territorio alternativo e di riflessione. L’impressione che ne deriva è che il centro della città accolga e quasi protegga le zone solitamente meno considerate, in un gesto simbolico di presa di coscienza di due realtà agli antipodi.

La palina del bus richiama l’idea di un tempo sospeso, lo stesso che si avverte all’interno del cortile di Palazzo Carignano, due attese differenti ma che si trovano a dialogare.

L’opera è realizzata mediante stampa di immagini fotografiche su PVC, per la precisione su bobine che misurano 500 cm per infinito, applicate a seguire su una struttura in ferro e legno per le pareti, mentre la pavimentazione è in plastica.

Estratti dall’intervista tecnica a Botto e Bruno:

“Ci sono dei lavori incentrati su aree specifiche, in generale sono suggestioni di anni di lavoro. In questo caso l’idea deriva dall’architettura di Palazzo Carignano, i suoi mattoni aulici, per cui ci è venuto in mente da subito il collegamento con i mattoni industriali. Abbiamo fotografato per anni fabbriche dismesse – torinesi ed europee – dunque abbiamo immaginato di portare questo lavoro dalla periferia abbandonata in centro, in un luogo ovattato, avvolto in un’atmosfera d’altri tempi, anch’esso estinto come gli anni d’oro dell’industria”

“Abbiamo studiato l’andamento organico di Palazzo Carignano, in modo che la struttura avesse una forma che seguisse il suo movimento ed anche i riferimenti della pavimentazione, in particolare i due cerchi disegnati che son serviti da perimetro alla nostra struttura. Mantenere la possibilità di attraversamento del cortile era molto importante, perciò le persone oltre a guardare l’opera possono attraversarla, passando dal cortile all’interno di un paesaggio suburbano e poi di nuovo in centro città. Un altro livello di dialogo tra l’opera e in contesto in cui è stata ambientata, sottolineando il rapporto centro-periferia.”

“Ogni lavoro si collega a quello precedente, noi portiamo avanti un’idea che nel tempo si modifica ma che racchiude la nostra poetica. Non abbiamo mai realizzato progetti molto distanti dal nucleo di partenza, dall’attenzione per i luoghi periferici, piuttosto ci sono state evoluzioni in termini di approfondimento tramite tecniche e materiali diversi, e ci sono state sperimentazioni musicali, con il cinema, il teatro, abbiamo attinto all’infanzia e l’adolescenza…si tratta di un binario che continuiamo a seguire, che non ci fa deragliare.”

“Nel nostro lavoro la lentezza è fondamentale perché all’interno di questo lungo periodo di realizzazione c’è un vero processo, un cambiamento, un’evoluzione faticosa, anche fisicamente data la minuzia che richiede, che per esempio ha avuto effetti importanti sulla nostra vista ed è molto pesante al momento dell’allestimento. Ricorda in parte il lavoro di un restauratore – contesto da cui proveniamo – vista l’esagerata meticolosità, ma per noi è fondamentale, in un mondo in cui le immagini vengono assorbite e digerite troppo velocemente, creare qualcosa con metodo e rispettando il tempo che ci vuole.”

“Il nostro archivio fotografico – le foto già stampate e i negativi – è organizzato a livello tematico, ad esempio c’è una sezione cieli, terreni, architetture, nuvole, figure etc, mentre non vi è nulla diviso a livello temporale. Ovviamente il ricordo gioca un ruolo chiave in questo contesto, ma normalmente ci muoviamo per aree, quando abbiamo bisogno di terreni apriamo quel fascicolo e analizziamo il contenuto, iniziando a selezionare le immagini.”

“Sono molto cambiate le tecnologie con cui abbiamo a che fare. Un tempo la qualità della carta fotografica, degli inchiostri e in generale della stampa era più alta, di contro oggi abbiamo più libertà in termini di stampa su grandi dimensioni. Certo se i vecchi lavori dovessero essere ristampati oggi dovremmo prima riprenderli tutti, perché hanno una definizione molto più bassa. Oggi l’analogico è diventato una rarità, in Italia è difficile reperire materiali di qualità e scarseggiano i distributori, perché puntano sulla dimensione del plotter e sui prodotti ecologici, ed è vero che la definizione è maggiore, ma i viraggi sono cambiati e soprattutto standardizzati.”

 

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